Un sondaggio commissionato da ESET tra le imprese nella regione APAC mostra che mentre gli intervistati nella maggior parte dei paesi concordano sulla necessità di rafforzare le difese informatiche, alcuni sono riluttanti ad adottare soluzioni di sicurezza informatica.
Con la tecnologia che evolve ogni anno a passi da gigante, aumentano anche le minacce e migliorano le strategie di attacco dei criminali. Non è un tentativo di spaventare gli utenti, è semplicemente un dato di fatto. Un fatto, di cui la maggior parte delle aziende è profondamente consapevole. Ciò è supportato dai dati di un sondaggio commissionato da ESET in Asia. Quasi un intervistato su cinque ha subito più di sei violazioni della sicurezza negli ultimi due anni attraverso i soliti vettori come email di phishing, malware ed errori umani. Si sarebbe potuta evitare o limitare questa situazione semplicemente migliorando la consapevolezza della cybersicurezza. In media, una violazione può costare a una società perdite superiori a 100.000 USD. Dopo aver preso atto di esperienze come queste, in che modo le aziende asiatiche percepiscono la sicurezza informatica?
Due terzi degli intervistati ritiene che sia di fondamentale importanza per un paese disporre di un potente quadro normativo che disciplini la sicurezza informatica. Mentre l’Indonesia è uno dei maggiori sostenitori della regolamentazione, il Giappone non la considera una priorità. Questo potrebbe essere una sorpresa per alcuni, dal momento che il paese è considerato una potenza tecnologica. Sebbene il governo giapponese si stia assicurando che il Paese sia pronto per potenziali attacchi informatici, anche testando i dispositivi IoT e rivedendo le linee guida sulla sicurezza informatica, il 57% degli intervistati è scettico sul fatto che la revisione porterà miglioramenti.
Credono che il processo sarà complesso e costoso e potrebbe non produrre il risultato desiderato. Tuttavia, quando interpellati, sono i meno fiduciosi nelle capacità di difesa informatica delle loro organizzazioni. Inoltre, il 68% “non ha consapevolezza” o “è mediamente consapevole” delle normative sulla sicurezza informatica in vigore nel proprio paese. Sembra anche che non siano entusiasti della crittografia e che basino la sicurezza delle proprie organizzazione principalmente sulla forza lavoro. Ciò potrebbe avere effetti negativi poiché l’errore umano è considerato uno dei principali motivi della violazione dei dati.
D’altra parte, tre intervistati cinesi su quattro ritengono che un quadro normativo sia importante. Con un enorme supporto dell’86% a una nuova legge sul commercio elettronico introdotta nell’agosto 2018, ritengono di essere preparati e di aver raggiunto la conformità. Uno degli obiettivi della legge è quello di ripristinare la reputazione della Cina togliendole l’etichetta del paese della contraffazione, dove viene prodotta una parte importante della merce fasulla. Oltre la metà degli intervistati ritiene che la regolamentazione del governo delle pratiche di sicurezza informatica sia stata finora buona.
Essendo la Cina uno dei più grandi mercati di e-commerce al mondo, non dovrebbe sorprendere che generalmente impieghi delle buone pratiche di sicurezza informatica. Le aziende hanno una chiara idea di quali siano le loro priorità, adottando molteplici soluzioni di sicurezza informatica, inclusa l’autenticazione a due fattori. Controlli di sicurezza regolari, software di sicurezza affidabile e crittografia avanzata sono tra le prime tre soluzioni proposte dalle aziende per proteggersi dalle violazioni dei dati.
Ricordiamo che al sondaggio hanno partecipato anche gli intervistati di Hong Kong, India, Indonesia, Taiwan e Thailandia fornendo le loro valutazioni sulle misure di sicurezza informatica adottate dai loro paesi e organizzazioni.
Rispondi