WhatsApp è ormai l’applicazione di messaggistica istantanea preferita dagli utenti e il suo utilizzo spazia sempre più in diversi ambiti.
La medicina non è esclusa, sceltasia dai medici che dai pazienti in quanto “permette un supporto diretto e continuo del medico”. Dall’esposizione dei sintomi, al rilascio di diagnosi e referti le informazioni vengono condivise da dispositivo a dispositivo snellendo così il lavoro dei dottori che hanno la possibilità di “monitorare gli effetti di una terapia prescritta” e alleggerendo i pazienti da lunghe attese negli studi. Per questo il contatto “sincrono, tramite app di messaggistica istantanea in medicina può essere molto, molto importante”.
Questa prassi però stride con la tutela della privacy in quanto “i dati di WhatsApp sono di proprietà di Facebook e vengono memorizzati sui server al di fuori dell’Unione europea, il che risulta in contrasto con le norme sul trattamento dei dati (gdpr) in vigore da maggio 2018”. A sollevare la questione è Marco Masoni, esperto di tecnologie in campo medico del Dipartimento di Medicina sperimentale clinica dell’università di Firenze, il quale sottolinea i rischi per la privacy di quella che sta diventando una consuetudine.
La questione è stata già affrontata da altri esperti e relative analisi come la Are you ready for general data protection regulation? di Bernadette John sul British Medical Journal (Bmj), per cui i vantaggi di utilizzare dispositivi mobile in questi frangenti sono indubbi ma per cui è necessario ricordare “ai dottori che non possono utilizzare WhatsApp senza entrare in contrasto con il Gdpr”.
Dato che “il numero di medici che usa questo strumento di comunicazione” è in constante aumento, un’alternativa proposta dalla rivista Bmj per accontentare tutti è quella di sviluppare apposite applicazioni che svolgano il lavoro di whatsApp ma che siano in accordo con il GDPR, tutelando la privacy dei pazienti ed evitando ai medici di violare il nuovo regolamento.
Marco Masoni specifica inoltre che i medici che preferiscono i social notwork “facciano riferimento alle linee guida stabilite dall’American medical association e dalla British medical association”. Quest’ultime infatti sono definite nella guida Social media, ethics and professionalism del 2017 e indicano come tutelare la protezione della privacy del paziente e definiscono i limiti dei confini professionali.
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